Estate in tour con aereo - Gran Tour dell'Ungheria
(21/30 Agosto 2024)
in collaborazione con
DATE DI PARTENZA :
- 21/30 agosto
Posti limitati, tour effettuati con massimo 30 persone
Quota individuale di partecipazione | € 2.750,00 |
Supplemento singola | € 450,00 |
Riduzione bambini fino a 12 anni in 3°/4° letto | € 200,00 |
Supplemento partenza del 21/8 | € 100,00 |
Partenza con voli Lufthansa da altre città | SU RICHIESTA |
Tasse aeroportuali (salvo modifiche) | € 150,00 |
Quota di iscrizione inclusa di assicurazione annullamento viaggio | € 120,00 |
La quota comprende
- Viaggio A/R Italia/Budapest con voli di lineaAustrian |
Non comprende: |
COSTO DI TUTTI GLI INGRESSI PREVISTI DURANTE IL TOUR: Godollo : Castello Reale Tariffe incluse, in alcuni casi, di diritti di prenotazione e preacquisto obbligatori, e di sconti gruppi se previsti, € 70,00 |
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I vini ungheresi più famosi: non solo Tokaji, Il vino dei Re d’Ungheria
Conteso dalle corti di tutta Europa, il Tokaji è ancora oggi un vino leggendario, fortemente amato non solo dagli Imperatori austro-ungarici ma anche dai Re francesi e da altre aristocrazie dei secoli scorsi. Sin da quando, cioè, nelle zone del Paese dell’Est Europa si è avviata la coltivazione di questa uva particolare: secondo le fonti storiche, il primo documento ufficiale su questo prodotto risale addirittura alla fine del XV secolo, mentre è nel XVII secolo che il Tokaji Aszú conquista ulteriore fama e prestigio. In particolare, nel 1641 fu emanata la prima legge per normare la produzione di questo vino nella regione di Tokaj-Hegyalja, fissando le modalità di selezione dei luoghi dove impiantare vigneti, le regole sulla costruzione di terrazze, quelle sui sistemi di irrigazione, concimazione e coltivazione, fino ad arrivare ai periodi in cui questo operare (il 20 agosto era il termine per il completamento dei lavori in vigna, mentre la data ufficiale della vendemmia era il 28 ottobre). Un nuovo capitolo nella storia di questo vino ci porta in Francia alla corte di re Luigi XIV, il Re Sole, a cui Ferenc Rákóczi, con la speranza di ottenere aiuti per l’indipendenza dell’Ungheria, inviò numerose bottiglie di Tokaji Aszu: il Re Sole apprezzò a tal punto il regalo che diffuse questo prodotto in tutta Europa, dove si conquistò il titolo di “miglior vino dolce in assoluto”, amato poi anche da Beethoven e Pietro il Grande. Seguì un periodo di appannamento, anche a causa della comparsa della fillossera che qui devastò i vigneti prima, e di vicende storiche poi. Oggi, dopo la riconquista dell’indipendenza e della democrazia di fine anni Ottanta, l’enologia ungherese sta riprendendo il suo sviluppo grazie anche all’arrivo di investitori esteri che hanno rilevato le vecchie imprese vinicole e rilanciato la produzione di vino, introducendo nuove e moderne tecnologie enologiche. E così, il Tokaji Aszú, pur essendo ancora il vino più famoso di Ungheria nel mondo, rappresenta solo il 4 per cento del totale della produzione enologica del Paese, superato in quantità e anche in qualità, da vini secchi, in prevalenza bianchi prodotti sia con uve autoctone, sia internazionali. La coltivazione di vite in Ungheria riguarda principalmente le uve bianche; curioso è che, nonostante a livello quantitativo il vino prodotto proviene in prevalenza da regioni poste a Sud del Paese, le produzioni più importanti e di qualità sono invece localizzate nel Nord. La regione vinicola più prestigiosa e famosa è la Tokaj-Hegyalja, ai confini con la Slovacchia, incentrata proprio sul Tokaji Aszú ma anche su vini bianchi secchi, prevalentemente prodotti con uve Furmint, Hárslevelü e Muscat Lunel. Le altre regioni principali includono, nel settentrione, Eger e le Colline di Mátra, la zona nei pressi del lago di Balaton, Somló e Badacsony, mentre a Sud si ricordano la grande pianura di Alföld, Szekszárd e Villány-Siklós. Fra le regioni produttrici di vino secco, quella di Szekszárd - Tolna è in genere considerata quella più avanzata dal punto di vista tecnologico: qui, infatti, i produttori spesso attrezzano le proprie cantine di barrique con apparecchiature enologiche moderne, producendo vini che si avvicinano maggiormente al gusto moderno. È in questa zona, inoltre, che si trovano le migliori produzioni, tra cui vanno ricordati alcuni prodotti come l’Antinori Tuzko-Bataapati Traminer. In Ungheria stanno trovando diffusione uve internazionali a bacca bianca come Chardonnay, Pinot Bianco, Riesling, Sauvignon Blanc e Sémillon, mentre fra le uve a bacca rossa si fanno apprezzare il Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Pinot Nero. Ma non mancano le varietà considerate autoctone o quelle tipiche dell’Europa orientale: citiamo fra le uve a bacca bianca Muscat Lunel, Furmint, Kéknyelü, Hárslevelü, Olaszrizling, Szürkebarát e Tramini, mentre tra i rossi Kadarka, Kékoporto, Kékfrankos e Zweigelt.
Fanghi speciali nel lago termale di Hévíz
Considerato il maggior lago naturale termale al mondo, custodisce sul suo fondale un fango di torba unico, dagli effetti benefici straordinari. Guarire, rigenerarsi, migliorare un inestetismo o anche solo rilassarsi e lasciarsi coccolare dalle calde acque termali naturali. Benvenuti in Ungheria, nel Lago termale di Hévíz, un lago biologicamente ancora attivo, ricco di fango torboso, considerato il più grande lago naturale termale al mondo, che si creò grazie alle attività vulcaniche. Sito su un territorio protetto, circondato da un boschetto di 54 ettari, è riparato dal vento e l'evaporazione continua dell'acqua pulisce l'aria rendendo così possibile un riposo perfetto anche per quelli che soffrono di un qualche tipo di allergia, offrendo la rinascita sia dell'anima che del corpo.
Il lago di Hévíz riceve l'acqua da due sorgenti ricche di sostanze minerali e la sua temperatura è riscaldata dall'energia geotermica. Dalla grotta della sorgente scaturiscono 410 litri di acqua di 40 gradi al secondo per cui l'acqua del lago viene cambiata ogni 3 giorni mantenendo così la sua purezza. A differenza degli altri laghi di acqua calda presenti nel mondo, i quali generalmente hanno suolo di origine vulcanica, il suolo del letto del lago Hévíz è di torba, dunque il suo fango unico, ha un effetto curativo molto più intensivo dell'acqua. Grazie al contenuto dei sali di radio e dalle sostanze ridotte di zolfo ha un effetto antidolorifico, calma il sistema nervoso, stimola la rigenerazione delle cellule ed il metabolismo. L'acqua termale è inoltre ricca sia di materie dissolte sia di sostanze gassose, unificando in tal modo le caratteristiche benefiche delle acque termali contenenti zolfo, calcio, magnesio, bicarbonato e una lieve radio-emanazione. Per questo è adatta anche alla terapia delle malattie reumatiche e degli organi di locomozione. La pressione idrostatica ed i movimenti sono ideali alla circolazione e la temperatura piacevole rendono possibile un bagno lungo. Inoltre le sostanze minerali dell'acqua rendono la pelle morbida.
L’Abbazia di Pannonhalma è tra i Patrimoni dell’Umanità che l’Unesco ha riconosciuto in Ungheria ed uno dei monumenti più antichi di tutto il paese. Venne infatti fondata nel 996 grazie al principe Géza, che scelse proprio Pannonhalma come sede dell’ordine benedettino ungherese. L’edificio, nell’arco dei secoli, venne distrutto e ricostruito diverse volte e con svariati stili architettonici per poi essere abbandonato durante l’occupazione ottomana. In seguito, venne rinnovato secondo lo stile barocco e infine fu ultimato nel 1832, attenendosi ai principi del classicismo. E’ il secondo monastero del mondo per dimensione preceduto solo dall’Abbazia di Montecassino.
Sorge sul Colle di San Martino, da cui il panorama circostante abbraccia tutto il circondario di paesini e cittadine. Il colle è stato chiamato cosi perché si crede che nei pressi sia nato San Martino di Tours. Passeggiando nel parco del monastero, vale la pena salire sulla torretta panoramica di legno da cui la vista è mozzafiato. L'interno della chiesa è una commistione di stili: navate gotico-francesi, cappelle rinascimentali, arredi in stile Luigi XVI, una cripta romanica del XIII secolo. Di particolare interesse il portale romanico conosciuto con il nome di Porta reale o Porta Speciosa, da cui si accede al chiostro. Altri luoghi da non perdere sono la cappella di Santo Stefano, il refettorio decorato con affreschi prospettici e l'archivio probabilmente più ricco d'Ungheria per la rarità dei documenti raccolti. La biblioteca abbaziale consta di 350 mila volumi compresi manoscritti di rara bellezza, incunaboli e codici miniati. Nelle altre sale si ammirano collezioni di numismatica, di antichità classiche, pietre, intagli e una notevole pinacoteca.
Tra le curiosità c’è da sapere che all’interno dell’abbazia si trova anche un’università di teologia, la scuola secondaria adibita a collegio maschile che risulta essere uno dei più importanti d’Ungheria e il luogo vanta una discreta produzione vinicola grazie ad un’area di 2000 mq coperta da vigneti che producono varietà come Riesling, Sauvignon, Gewurztraminer ma anche Chardonnay, Pinot Bianco, Pinot Nero, Merolet e Cabernet Franc. Il paese di Pannponhalma si trova a pochi chilometri dal capoluogo della contea Gyor, considerata la città dei fiumi perché collocata proprio sul punto d’incontro di tre fiumi. E’ una piacevole escursione da fare grazie alla presenza di un centro storico ricco di bellissimi edifici barocchi, di musei e di viali romantici che costeggiano il fiume a cui si aggiungono i ricordi della sede vescovile millenaria che ne fanno un angolo d’Ungheria tutto da scoprire.
Gulasch, zuppa di compagnia
Le origini di uno dei piatti più famosi al mondo risiedono nell'antico lavoro dei bovari in Ungheria. Il Gulasch, proviene dalla Turchia e fonda le sue radici europee in Ungheria: da lì, questa ricca ricetta invernale si è diffusa in tutta l’Europa centro-orientale, Italia compresa, generandone moltissime varianti. Il Gulyás-leves, o "zuppa del mandriano", è un piatto che deriva dalla cucina povera e nasce da precise esigenze lavorative: gli allevatori di bovini che attraversavano la pianura stepposa tipica del bassopiano magiaro, la puszta, avevano bisogno di un piatto da conservare facilmente, preparare in maniera veloce, e che fosse “di compagnia”. Il nome, che deriva dalla parola "bovaro", evoca dunque i lunghi viaggi dei mandriani che partivano dall’estremo est europeo per portare i capi più pregiati della razza podolica in città come Vienna, Norimberga o Venezia. La sua natura di piatto “da transumanza” fa si che la ricetta si sia diffusa in tutta Europa. Oltre al pörkölt, cioè il vero gulash ungherese, si cucinano zuppe molto simili al Gulyàsleves anche in Slovenia, Austria, Croazia e nel Nord Italia. La ricetta antica prevede la cottura della carne insieme alle cipolle, fino a far rapprendere tutta l’acqua di cottura: la pasta di carne ottenuta si faceva seccare al sole su assi di legno. Una volta seccata, veniva conservata in contenitori di pelle: a sera, dopo essersi accampati, i mandriani scioglievano una porzione di carne secca dentro l’acqua calda,ottenendo così la loro “zuppa di compagnia”. La forma originaria del gulasch era dunque quella della zuppa. In Austria e Italia, il gulasch è un secondo molto più asciutto rispetto a quello ungherese. In Germania si aggiungono spesso i crauti e la panna acida. In Ungheria, il Pörkölt viene servito con la Galuska (gnocchetti di farina). Ma ci sono elementi comuni che in un vero gulasch non possono mancare: la carne di bovino - in Ungheria si usa anche quella di vitello, maiale, agnello o cervo - lo strutto, la cipolla, la farina e la paprika. Il suo caratteristico colore rosso, infatti, è dato dall’abbondante uso di paprika che, a differenza di quello che credono in molti, non da al piatto una nota molto piccante. La paprika, infatti, è polvere di peperone dolce: aggiungere il peperoncino al gulasch è severamente vietato. La nota di colore e sapore dato dalla paprika, detta anche pepe ungherese, è una delle caratteristiche che hanno reso famoso questo piatto in tutto il mondo: eppure, pare che in origine non ci fosse. La sua comparsa risale al 1700 quando il gulasch, da piatto povero della tradizione contadina, diventa un piatto caro anche ai nobili ungheresi. L’affermazione come piatto nazionale ungherese avviene durante il regno di Giuseppe II della famiglia Asburgo-Lorena, detto Il Riformatore. Giuseppe fu imperatore del Sacro Romano Impero dal 1765, fino alla sua morte, nel 1790: già prima di quello che sarebbe stato il futuro impero austro-ungarico, i popoli del centro Europa venivano vessati dai regnanti, che cercavano di eliminare gli elementi di diversità e le peculiarità culturali. I nobili ungheresi trovarono nel gulasch un simbolo che rappresentava la propria identità nazionale, proteggendolo e tramandandolo anche durante i periodi di maggiore repressione.
Il Cimitero Paleocristiano di Pesc, Patrimonio Unesco
Pécs fu anticamente una florida cittadina della Pannonia, regione dell’Impero Romano. I suoi abitanti, convertiti al Cristianesimo, dotarono il loro cimitero di cappelle funerarie riccamente ornate di affreschi e mosaici, databili attorno al IV-V sec. Il cimitero paleocristiano di Pécs è una pregiata testimonianza di un’epoca poco conosciuta, della quale si hanno pochi reperti; in tal senso, costituisce un sito unico in Ungheria e nel suo genere uno tra i pochissimi presenti in tutta Europa. Il suo valore, inoltre, è espresso dal fatto che questo sito rappresenta un elemento di congiunzione tra la cultura antica e quella medievale, in quanto la prima cattedrale di Pécs, dedicata a San Pietro, venne eretta nel XI sec. Il complesso monumentale paleocristiano di Pécs si estende sotterraneamente per tutta l’area della piazza antistante l’odierna cattedrale (Szent Istvan ter). Finora vi sono state individuate 16 cappelle funerarie, ma gli scavi, iniziati già nel 1780, sono ancora in corso. Sul lato sinistro della piazza si trova una cella trichora scoperta nel 1922 (non visitabile); sulla destra della piazza, invece, nel 1913 venne scoperta una cella septichora, particolare cella funeraria con sette absidi che si aprono lungo le pareti dove dal 2002 sono iniziati nuovi e importanti scavi con scoperte di notevole rilievo. Dal centro di piazza Santo Stefano si scende al Mausoleo Cristiano Antico, scoperto nel 1975/1976. Dalla piazza è ancora visibile il tracciato delle fondamenta di una chiesa paleocristiana ad abside unica (sec. IV). Le pareti delle cappelle (quasi tutte a due piani, cappella e cripta), sono riccamente affrescate con motivi sia ornamentali sia figurativi incentrati su scene della Bibbia e antichi simboli cristiani, paragonabili a quelli delle catacombe di Roma. Tra le varie raffigurazioni, si possono riconoscere, ad esempio, quelle di Adamo e Eva, gli apostoli Pietro e Paolo, il profeta Daniele con i leoni. Il Mausoleo contiene anche un sarcofago di marmo bianco del III secolo, con resti di ossa umane. Dalla piazza si scende anche alla Camera Sepocrale della brocca, scoperta nel 1938 e così denominata a motivo della brocca (korso) dipinta in una nicchia. La necropoli di Sopianae si estende anche sotto Via Apaca, dove molte tombe romane decorate con scene delle Porte del Paradiso sono state portate alla luce nel cortile del civico 9. Dopo che i romani si ritirarono dalla Pannonia e ondate migratorie di tribù ne invasero i territori, le tombe furono usate come rifugi e modificate a tale scopo. L’importanza del cimitero paleocristiano di Pecs è confermata dal fatto che dal dicembre 2000 questo sito è stato inserito nell’elenco dei beni culturali Patrimonio Unesco.
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